venerdì

2. una saltuaria lettura


un gaucho insostenibile

Anversa, Roberto Bolano (Sellerio, 2007, pp. 152, euro 9.00)

Quarant'anni fa il successo mondiale di Cent'anni di solitudine (1967) inaugurò la felice stagione della narrativa sudamericana. Nei decenni successivi l'industria editoriale rese accessibili al lettore occidentale scrittori fondamentali come Asturias, Borges, Cortazar, Rulfo, Guimares Rosa, Onetti, Bioy Casares, Lispector, Puig, Octavio Paz, Carlos Fuentes ecc. per citarne solo alcuni. Oggi, invece, la letteratura latinoamericana sembra essere passata di moda. A parte i due grandi vecchi, Garcia Marquez e Vargas Llosa, gli epigoni non sono certo all'altezza dei loro predecessori ormai dimenticati. In realtà anche il cosiddetto “realismo magico”, questa originale sintesi di nativismo e modernismo che ha caratterizzato il romanzo sudamericano, si è progressivamente ridotto a esotismo folcloristico e consumistico, come nei fortunati e modesti libri di Isabel Allende e di Luis Sepulveda. Per non parlare dello pseudo-romanticismo new age alla Paulo Coelho, volgare esempio di banalizzazione e commercializzazione dei sentimenti per un pubblico analfabeta in cerca di spiagge assolate e misticismo di coppia. Questo, grosso modo, il panorama della letteratura latinoamericana contemporanea.
Tra le felici eccezioni del secondo Novecento si segnala il caso dello scrittore cileno Roberto Bolano. “Un sudamericano perduto nel mondo”, come lui stesso ironicamente amava considerarsi. Nato a Santiago nel 1953, costretto all'esilio dopo il colpo di stato di Pinochet nel 1973, profugo in seguito a Città del Messico, si stabilisce infine in Spagna dove vivrà sino alla morte prematura avvenuta nel 2003. Dopo un'esistenza marginale e travagliata, riesce a pubblicare diversi romanzi e raccolte di racconti di notevole valore. Il suo capolavoro è senza dubbio I detective selvaggi, un libro decisivo e importante a metà strada tra il romanzo di formazione e il pastiche letterario. Negli ultimi anni egli è diventato quasi uno scrittore di culto, letto da un esiguo ma affezionato numero di lettori e molto apprezzato dalla critica ufficiale. In Italia tutta la sua opera è stata tradotta dalla casa editrice Sellerio di Palermo. Con una formula benevola e stringata, potremmo definirlo un Borges melanconico e plebeo, con attitudine anarchica e sovversiva. Per Bolano la letteratura è commento alla vita e viceversa. La sua stravagante cultura da autodidatta, tuttavia, non è mai sterile enciclopedia e vuota erudizione bensì gioco enigmistico e passatempo esplosivo. Nella sua eccentrica opera si manifesta un'incessante contaminazione di generi, stili e registri narrativi. In sintonia con lo spirito delle avanguardie, in primo luogo surrealismo e dadaismo, in essa predomina il gusto ironico e irriverente per la sperimentazione e lo straniamento. Questa singolare miscela di vita disordinata, biblioteca immaginaria e distruzione creativa dà luogo a una specie di realismo sgangherato e visionario, che è la cifra intima e segreta dell'arte di questo scrittore colto, solitario e appartato.
Di recente è uscito Anversa (Sellerio, 2007, pp. 152, euro 9.00) con una densa postfazione dell'ispanista Angelo Morino, nella quale viene riassunta la parabola esistenziale e artistica dello scrittore cileno. Si tratta del primo romanzo scritto da Bolano a Barcellona nel 1980 e pubblicato per la prima volta nel 2002, un anno prima della tragica morte dello scrittore. In questo “primo e ultimo libro” è veramente condensata e distillata tutta la sua irrequieta e stralunata poetica. Il testo si presenta come uno smilzo quaderno di appunti, schizzi e approssimazioni. Brevi capitoli come esercizi di stile, nei quali il flusso poetico si distende e si raccoglie in una prosa giocosa e minuta. Come sempre in Bolano, l'intreccio della narrazione confonde, mescola e stravolge diversi generi letterari. Innanzitutto il romanzo poliziesco: un delitto in un campeggio sulla Costa Brava e uno strano ispettore che indaga. Poi il romanzo pornografico: una bellissima ragazza e una storia di sesso e di perversione. E alla fine lentamente, attraverso una continua deformazione del quotidiano, il racconto diventa autobiografico. La scrittura lieve e precisa si frantuma in visioni, ricordi, episodi e allucinazioni che si accumulano e si ingarbugliano come dolorose epifanie. Tra disperazione, solidarietà e nostalgia, Anversa è infatti il memoriale indolente di un gaucho disorientato, sballottato e smarrito in una città straniera, ai margini della felicità domestica e in balia degli accidenti tumultuosi della vita.
In una conferenza Bolano aveva espresso chiaramente la sua idea di letteratura. Allo stato attuale, sosteneva con tono polemico riferendosi ai colleghi più celebrati, il sistema letterario istituzionale persegue il glamour, il successo sociale, la rispettabilità borghese. La letteratura oggi è diventata buona gastronomia per la classe media planetaria. Ciò che conta è soprattuto la leggibilità (intesa come chiarezza e amenità) e la conseguente vendibilità. Questi “scrittori funzionari”non mordono più la mano che dà loro da mangiare; viaggiano, stanno bene e ringraziano sempre. Al contrario, per il ramingo e testardo Bolano “la letteratura non vale niente se non è accompagnata da qualcosa di più fulgido del mero atto di sopravvivere”.

(recensione di Pierluigi Vuillermin)

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