domenica

cinque libri a settimana

Taccuino minimo di buone letture, ovvero i libri che abbiamo letto e che segnaliamo.

Supplemento settimanale senza presunzione letteraria a la Pagina Aubertiana.

otto: dal ventisette ottobre al due novembre


L'ultimo libro di Camilleri l'età del dubbio, Il classico ritrovato (o da ritrovare) Simenon con Maigret in corte d'assise, Il libro più importante di quest'estate l'età estrema di Luperini e poi ancora l'adultera di Giuseppe Conte, e l'ultima traduzione di uno dei più grandi scrittori in lingua tedesca: Robert Walser, il Brigante


l'età del dubbio di Camilleri

Eccoci, finalmente siamo in autunno, la stagione del riposo, della calma, della lentezza.

Rileggiamo i versi di De Pisis e riviviamo quella stanca semplice felicità: cadon le foglie gialle dei fichi / nel mio cuore si fa sera.

E soltanto in questa stagione ci sono libri che avranno quella dimensione così unica, lontana dal chiasso estivo, dalla retorica del best-seller e sapranno parlarci con verità magari la domenica sera sorseggiando un tè. 

Per questo proponiamo a tutti i lettori di riscoprire Camilleri, leggendo il suo ultimo libro che davvero non può che essere scritto da un grande autore italiano. Siamo nella Vigàta che abbiamo già imparato ad amare, e Montalbano ormai si sta avvicinando alla vecchiaia, ha cinquantotto anni e capita in andropausa. "L'età del dubbio" del titolo è dunque la vecchiaia che già inizia a pesare sul personaggio, e che lo rende davvero umano, lontano da quegli immutati stereotipi hollywoodiani. Tuttavia, anche se è invecchiato, ci sentiamo di trovare in quest'indagine, la più marina tra tutte quelle scritte da Camilleri, dei veri e proprio guizzi di giovinezza del pensiero, di lucidità intellettuale. Elementi anche polemici di intervento su questioni tanto dibattute (l'immigrazione clandestina in particolare).


Maigret in corte d'assise di Simenon

Un altro autore perfettamente autunnale e da riscoprire è Simenon. Quanti di noi magari hanno letto almeno una volta un'indagine di Maigret, magari anni fa. 

Eppure, lo abbiamo provato noi stessi in questi giorni, la rilettura di Maigret in corte d'assise è capace di stupire come la prima volta, di non farci staccare gli occhi dal libro fino alla soluzione dell'enigma, eppure di distenderci assieme alla Parigi, anch'essa perennemente autunnale, di Simenon. 

Naturalmente vogliamo rivolgere il discorso ancora con più passione a tutti quelli che magari non l'hanno mai letto, consigliando inoltre un'altra classica indagine di Maigret, la prima scritta dall'autore belga: "pietr il lettone", pubblicata anch'essa da Adelphi.


l'età estrema di Romano Luperini

Questo libro è stato probabilmente quello più importante di quest'estate, leggerlo o rileggerlo, perché no, proprio in autunno significa non solo non tradire il testo, ma capirlo fino in fondo. Perché l'età estrema è un libro sull'autunno della vita, sull'autunno dell'occidente, un racconto malinconico dal grandissimo valore letterario. 

In un certo senso quindi non può che saltare agli occhi l'assurda vicinanza con Camilleri: entrambi pubblicati dalla casa siciliana della Sellerio, entrambi vicini nel discorso su quell'età estrema che porta il dubbio (la vecchiaia), entrambi appassionati, ancora, nonostante tutto, alla vita. 

Romano Luperini è nato nel 1940, della sua prolifica attività di critico letterario vogliamo ricordare i suoi studi su Montale, la sua antologia per le scuole superiori di letteratura italiana e il suo bellissimo ritratto "il futuro di Fortini". La sua autobiografia letteraria "i salici sono piante acquatiche" è tra i libri più belli usciti negli ultimi dieci anni in Italia.


L’adultera di Giuseppe Conte

Riproponiamo questo libro per il compiacimento di averne intuito la profonda complessità e bellezza prima che fosse la stampa ad occuparsene. Aggiungiamo solo il riferimento alla recensione di Giovanni Tesio su Tutto libri de La stampa del 20 settembre che in qualche modo va letta.

Un uomo scrive di una donna, basterebbe questo per fare storcere il naso a molti, me compreso, eppure questo romanzo sconvolge per l’umanesimo e la narrazione che coglie impreparati. E’ la storia del piacere e dell’angoscia impossibili da dividere agiti da una donna, la Maddalena, dondolata come se il mare che ama l’avesse presa per sempre. La Maddalena vive come figura evangelica totalmente donna e femminile angosciata dalla sensazione di non provare colpa. A Roma, mentre traccia sulla sabbia con le dita quelle stesse lettere che aveva visto disegnare al Maestro sulla spianata del Tempio di Salomone, incontra il misterioso vecchio cui racconterà la sua segreta storia di donna.

Conte è nato a Imperia nel 1945, ha pubblicato molti lavori di critica e alcuni romanzi tra cui "Il terzo ufficiale", Premio Hemingway 2002.


il brigante di Robert Walser

Poche persone in Italia conoscono questo grandissimo autore dei primi anni del novecento. 

Eppure tra i suoi estimatori ci sono tra gli altri Fortini, Magris, Mittner, Benjamin, Musil, Mann, Kafka, Bernhard, Grassmarch... 

Per fortuna in Germania, da qualche anno, si assiste a una riscoperta generale di Walser, ormai, sempre più giustamente considerato uno tra i più grandi autori in lingua tedesca. Questa nuova attenzione, anche editoriale, promuove così anche i nuovi studi sui manoscritti del fondo R. Walser. Fino ad ora gli studiosi sono riusciti a riportare alla luce una ventina di racconti perduti e addirittura un libro, questo, per la prima volta tradotto in italia. 

Ci piace ricordare che in Walser, la vita e la finzione coincidono spesso in un modo sorprendente. La sua morte, per esempio, avvenuta per congelamento durante una passeggiata d'inverno è identica a quella di un suo personaggio. E così, in un certo senso, la fortuna del manoscritto che contiene il brigante è simile a quella del suo autore: per anni perduto e dimenticato è stato riscoperto e lentamente decifrato (e di decifrazione si trattava). 

Con questo romanzo Walser scriveva per l'ultima volta già perseguitato dalla malattia che poi lo avrebbe costretto a passare il resto della vita in un manicomio, in una sorta di autunno precendente ad un lungo inverno.

Per comprendere la grandezza di questo libro e del suo autore ci piace presentarvi l'incipit rivoluzionario consigliandovi una volta ancora la sua lettura: "Edith ama Karl. Ulteriori dettagli in seguito."



(a cura di Piero Valleise)

giovedì


In libreria, forse non tutti lo avranno notato, da un po' ho appeso sulla bacheca un documento storico, che come spesso dico bisogna rileggere ogni tanto, giusto per ricordarsi di un paio di cosette.
E' il decalogo del buon lavoratore fascista, consegnato a mio nonno Piero in quei brutti anni e ricomparso, per caso, in un vecchio testo di matematica. In realtà nessuno sa con esattezza come sia scampato alla distruzione immediata (si era socialisti di famiglia e nel cuore). Tuttavia, ricordo che quando il nonno se lo ritrovò per le mani, sessant'anni dopo, per la rabbia voleva rimediare a quel laspus e stracciarlo. Mio padre però me lo fece prima leggere ed io chiesi se potevo tenerlo.
Bene, forse non ci crederete ma il brivido che mi corre sulla schiena oggi, leggendo queste parole, è molto più tenace di quello che ancora provo con quel vecchio decalogo. 
(E il tentativo di convincermi che sia colpa soltanto dell'abitudine non mi riesce come vorrei)

«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interni. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì»
(Cossiga su Giorno, Nazione, Carlino)

il resto dell'articolo lo trovate  qua 
Il commento di luca sofri, sul suo blog è molto intelligente; 
lo trovate in questa pagina  qua 

mercoledì

Pensare con i piedi


il CRA (Circolo Ricreativo Aubertiano) presenta:
Pensare con i Piedi, ovvero: più calcio per le ossa.

La Real Zizekiana è la squadra di calcio a cinque formata dagli aubertiani (Alberto, Gilles, Luciano, Piero, Sofia). 
Se vi trovate a non sapere che diavolo di sport fare in queste mezze stagioni (signora mia, le mezze stagioni!) è perché non avete ancora provato l'energia tonificante del calcetto né l'allegria sconclusionata dei zizekiani in campo.
Proprio per venirvi incontro, quindi, il CRA organizza un torneo alla Colombiana di calcio a cinque. 
Non soltanto non costa nulla iscriversi, ma in palio ci sono anche buoni sconto e libri d'argomento filolosogiconaturalambientalsocialpolitico. 
Le partite si disputano in settimana, la sera, durano tre tempi da quindici minuti (che possono essere ridotti a due per mancanza di fiato) e saranno inframmezzati da abbondanti mangiate di salumi e formaggi (o di quanto di buono saprete portare). 
Allora, che aspettate? iscrivetevi subito! è sufficiente lasciare il vostro nome cognome numero di telefono direttamente in libreria oppure, più semplicemente, mandare una mail a aubertlibreria@gmail.com (si accettano iscrizioni di squadre intere, già formate, purché non siano iscritte al campionato di serie A)

e, naturalmente, chi perde pulisce i vetri della libreria...

(gilles)

martedì

quest'oggi è morto V. Foà:

 
lo ricordiamo con il suo libro più bello: il cavallo e la torre (Einaudi 1991) con poche parole di Pietro Ingrao, su La Stampa di oggi e con una bellissima intervista.

Piccola casa borghese, salotto bianco consunto. «L’uomo che voleva la luna», come si autodefinì Pietro Ingrao nell’autobiografia, ricorda Vittorio Foa. Si rigira tra le mani «il suo più bel libro, che consiglio vivamente, Il cavallo e la torre», raccolta di ricordi scritti quasi vent’anni fa. «È stato un grande incontro. Io sempre comunista, lui socialista. Discussioni su discussioni. E una vicinanza che via via cresceva, scalzando le distanze nella catastrofe del Novecento. È stato così sin da quando ci siamo conosciuti, negli Anni Cinquanta, quando la guerra è finita, inizia la ricostruzione, si definisce il nuovo orizzonte politico. Vittorio è stato decisivo nella storia italiana, e anche nella mia formazione. È stato cruciale, mi ha aiutato, ispirato, sospinto alla battaglia antifascista». 

i collegamenti all'intervista del 1994, di B. Placido con I. Montanelli e, appunto, Foà: 

1, retri di copertina

La Quercia. Storia sociale di un albero di William Bryant Logan

(Bollati Boringhieri 2008, 253 pagine, 25 euro)


Il discorso sulle radici sembra oggi quanto mai diventato fondamentale. E certamente non è un caso se nella nostra epoca di passioni tristi, angosce e incertezze si cerchi disperatamente da qualche parte un appiglio a cui aggrapparsi; che siano spalle di giganti oppure rami poco importa. 

A questo proposito ricordo con molta devozione il compositore italiano contemporaneo Francesconi che all'inaugurazione dello scorso festival musicale MiTo, in un intervento fine e densissimo, sosteneva fosse importante traslare, anche se di poco, il significato di "radice". Perché, certo, le radici sono la parte sotterranea, d'essenziale importanza, che ci fissa al terreno e che ci permette nella bella immagine di Bernardo di Chartres di sollevarci sui giganti; tuttavia, ed è certo più importante, le radici forniscono la linfa vitale. 

Sicuramente Francesconi (compositore su cui sarà necessario fermarsi almeno un poco a riflettere) e William Bryant Logan, arboricoltore di grande talento nonché scrittore fluido e appassionante, hanno in comune ben poco, se non un interesse per l'uomo completamente libero da retoriche, facilonerie, pseudoreligiosità; e per le sue radici finalmente vitali. 

Non ci sembra quindi strano se proprio ponendo al centro dei proprio interessi l'uomo, Logan scrive della quercia: l'albero per eccellenza antropobiotico. 


(recensione a cura di Gilles Gressani)


(questo libro è stato scelto come libro del mese di settembre da Alberto, Piero ne ha parlato nella sua rassegna "cinque libri a settimana")


da "la Guinea" di P.P.Pasolini



Romano Luperini

     Oggi i nostri romanzieri scrivono (quasi tutti) come si parla al bar. Non c’è più nessuna ricerca letteraria specifica; rarissimi sono i casi di un’attenzione alla lingua. Il rigore dello stile non interessa più a nessuno. D’altronde nessuno scrive più “per il capolavoro”; tutti (o quasi) scrivono solo per vendere.

        A ciò si accompagna la messa fra parentesi del mondo. Mentre la letteratura americana e quella dei paesi emergenti ci mostrano una realtà densa di contraddizioni materiali, di conflitti sociali ed interetnici, di contrasti fra le generazioni, in Italia esiste solo l’ego. Il privato domina incontrastato. Nei romanzi che vanno per la maggiore (seppure per un mese o due), che vincono i maggiori premi nazionali e di cui parlano la stampa quotidiana e la televisione, non esiste neppure la società, che si restringe tutt’al più alla famiglia mononucleare, ai fratelli e a esangui figure genitoriali. Mentre nel cinema si parla di un ritorno alla realtà, il processo, che pure comincia a essere avvertibile anche in letteratura (almeno dopo Sandokan di Balestrini e Gomorra di Saviano), resta in campo narrativo molto circoscritto, e non mancano forzature che vanno piuttosto verso moduli di reality televisiva (e dunque verso la pseudorealtà). Bisognerebbe andare a cercare forse nel campo della editoria minore (meno condizionata dai parametri del best seller a ogni costo) per trovare alcuni esempi sia di scrittura impegnata sul registro linguistico e stilistico sia di confronto con la dimensione materiale della vita. Mi limito a un solo esempio, quello recente di Giacomo Annibaldis, autore di Casa popolare vista mare, pubblicato dalla Besa editrice (Lecce), in cui protagonista è un rione popolare, le generazioni si confrontano fra loro e lo stile è sempre molto sobrio, asciutto, rigoroso.

        I grandi editori sostengono che è questo che il pubblico vuole. E’ un argomento che mi ricorda il modo di operare di Berlusconi e dei suoi governi. Dapprima si crea un senso comune dominante, poi si dice che si fa ciò che la gente vuole. Dapprima si crea scientificamente la paura, poi si schiera l’esercito con un atto spettacolare.

        Ma è proprio vero che il pubblico vuole solo un linguaggio da bar e storie senza mondo e senza società? Non in modo così assoluto. E invoco qui la mia testimonianza personale. Ho appena pubblicato un romanzo breve, L’età estrema. Il libro è stato posto in un sito che raccoglie le visite e i commenti dei lettori. Nel giro di 30 giorni, e per di più nel mese di agosto, il libro aveva ricevuto 4000 visite e 15 recensioni, collocandosi subito dopo Le benevoleLa solitudine dei numeri primiL’eleganza del riccio. A questo punto, forse perché andava troppo bene, è stato soppresso da questo sito (la “democrazia di internet”!), e allora le recensioni dei lettori sono confluite su un altro. Ebbene, le ragioni di questo successo (minuscolo, ma non insignificante), indicate nelle recensioni inviate dai lettori comuni, stavano nello stile non banale che rivelerebbe una vera ricerca letteraria e nel fatto che la vicenda narrata farebbe riflettere i lettori sulla situazione del mondo e sul senso della nostra vita.

        Io credo che oggi in Italia vi sia una fascia di pubblico colto e sensibile – una fascia indubbiamente limitata, probabilmente oscillante intorno a 10.000-20.000 lettori – che si attendono qualcosa di più e di meglio di ciò che le grandi editrici selezionano e “costruiscono”. Questo pubblico esiste, ma è destinato a restare deluso. Le grandi casi editrici puntano alla cassetta e rimpinzano di estrogeni i loro prodotti. Il guaio è che finiscono per condizionare profondamente lo stesso canone. Probabilmente anche Gadda o Tozzi oggi sarebbero pubblicati solo da Besa, e respinti da Einaudi e Garzanti. E non li leggerebbe nessuno.

giovedì

il nobel per la letteratura

9/10/08

Rudolph Christop Eucken (Aurich, Frisia Orientale, 1846 - Jena 1926) 
vince il premio nobel per la letteratura
motivazione: per la sua ardente ricerca della verità

Filosofo tedesco. Dopo i primi studi di filologia classica e di storia della filosofia, insegnò nelle università di Basilea e Jena. Nella sua opera generale il filosofo presentò il suo concetto della vita, individuando un livello biologico (la natura) e un livello noologico (il mondo spirituale), tra loro fermamente irriducibili, anche se in stretta connessione. Di qui il rilievo da lui dato al cristianesimo, guardato al di là di ogni determinazione confessionale, in quanto propugna una religiosità e una visione del mondo fondate esclusivamente sulla libertà interiore dell'uomo. Tra le sue opere principale: Storia e critica dei concetti fondamentali del nostro tempo e Il significato e il valore della vita
(Pietro Migliorini. dizionario dei premi nobel, book time 2008)

lunedì

cinque libri a settimana

Taccuino minimo di buone letture, ovvero i libri che abbiamo letto e che segnaliamo
Supplemento settimanale senza presunzione letteraria a La Pagina Aubertiana:
sette: settimana dal sei al  dodici ottobre

Il libraio sotterraneo di Guido Quarzo e Il libraio di Selinunte di Roberto Vecchioni e ancora Firmino di Sam Savage e infine Il discorso al paese di Fuente Vaqueros di Federico Garcia Lorca.

In modo un po’ anomalo per la nostra rubrica settimanale parliamo di quattro libri contemporaneamente. La connessione sentimentale che ci lega alle parole e alla lettura, ai libri e alle librerie, alle biblioteche e ai bauli colmi di volumi polverosi è la bussola della nostra scelta. Ancora una volta la passione per la parola scritta diviene la vela per il nostro viaggio. Ci perdonerà Quarzo per essere accostato a Garcia Lorca, così come Firmino, pensiamo, avrebbe potuto fare la sua parte nella guerra civile spagnola ’36-39.
Il libraio sotterraneo è un libro per bambini. Il protagonista si chiama Nicolò e secondo la maestra non socializza. Sciocchezze a sentire Nicolò che ama i libri come nessun altro e che socializza benissimo con un vecchio libraio, il signor Cartesio... Quarzo ha insegnato per anni nelle scuole elementari in Piemonte prima di dedicarsi completamente alla scrittura.
Il libraio di Selinunte è la storia di un ragazzo, Frullo, chiamato in questo modo perché gli frullano sempre tanti pensieri in testa e di un libraio giunto nella comunità con bauli pieni di libri. Un giorno tutto il paese si sveglia e non ha più le parole; tutti sono avvolti in una nebbia che non permette di ricordare e pensare. Solo Frullo è immune dal virus che ha colpito la comunità e sarà lui che ha conosciuto il libraio a...Vecchioni è cantautore e scrittore.
Firmino è un topo che si ciba di libri. Incrocia, sul suo cammino digestivo e suggestivo, dei librai ambulanti, degli scrittori, delle librerie. Firmino è lo specchio in cui possono riflettersi coloro che senza libri e lettura non stanno bene. Firmino sembra dirci che la letteratura è rivoluzionaria e, finanche, riesce a metterci in pace con il mondo dei roditori. L’autore è stato insegnante di filosofia, meccanico, carpentiere e pescatore.
Sui libri. Discorso sui libri di Fuente Vaqueros è stato pubblicato nel 1986, in Spagna, per la prima volta. Il discorso proviene dall’Archivio Garcia Lorca e contiene il testo che il poeta lesse a voce alta, davanti ai propri concittadini, in occasione dell’inaugurazione della biblioteca comunale. Garcia Lorca non necessita commenti o presentazioni di sorta.

In nome del legame che unisce i libri alla carta, e la carta agli alberi, e tutti questi necessariamente agli scrittori, aggiungiamo come quinto libro il volumetto di Jean Giono
L'uomo che piantava gli alberi. Siamo in Provenza, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Durante una gita, rimasto senza acqua e senza riparo in una zona arida e corrosa dal vento, Giono trova ospitalità presso un pastore. Elzéard Bouffier è un uomo mite. Vive in una casupola linda e solitaria e trascorre le sue giornate accompagnando le pecore al pascolo e selezionando con cura e precisione delle ghiande, che poi chiude in un sacco e porta con sé. La curiosità dello scrittore per questo gesto inconsueto, che lo spinge a seguire l'uomo nel suo vagare, segna l'inizio di un'amicizia e lo rende testimone di un piccolo miracolo. Elzéard Bouffier semina querce, cento al giorno. Ha "pensato che quel paese sarebbe morto per mancanza d'alberi" e da tre anni percorre la campagna con il suo sacchetto di frutti scelti con attenzione e un bastone robusto. Ne ha già piantate migliaia.
Lo scoppio della guerra porta Giono lontano. Al suo ritorno in Provenza, alcuni anni dopo, Elzéard sta ancora seminando. La piantagione è diventata bosco, un bosco esteso, che porta pioggia e spinge la gente a ripopolare i villaggi abbandonati. E mentre tutti pensano che lo sviluppo della foresta sia un improvviso e inaspettato rigoglio di natura, Elzéard, pazientemente, semina. La storia semplice e vera di un dono.