giovedì

Contemplazione sorridente di un esteta

Traduzione di un brano di Peter Walkslow

Davanti ai miei occhi quella giovane coppia conversava seguendo percorsi semantici e filologici noti solo a loro e bui quanto le strade dei bordelli a Londra, quelli a est del Tamigi. Ah caro fiume dove un tempo nuotavano i salmoni. Le parole dei due seguivano, ad ascoltarli con assoluta attenzione tracciati interessanti. Se fossi un pianista, pensavo, smetterei di sbattere le unghie sui tasti per ascoltarli nella loro nenia o forse suonerei chiuso in un antro per non violentarli con la mia presenza, o forse suonerei davanti a loro facendoli ballare come orsi.
Non mi importerebbe di non ricevere applausi, continuavo nel dialogo tra me e me. Ma non ero un pianista e non lo sono tutt’ora. Smisi di frequentare le lezioni di quella giovane e piacevole insegnante perchè il viaggio mi causava una insopportabile astenia, quella scuola era troppo lontana, le buche delle strade sfinivano i miei muscoli e la mia schiena non si dispose a soffrire per assecondare i miei gusti.
La coppia discorreva con foga, anzi parlava incessantemente e il fluire delle parole mi riportava inspiegabilmente con un dolce fluire alle prime gite nella campagna del Sussex quando lo zio materno Jeffry pagava un’orchestrina perchè allietasse il nostro desinare. Fu con una violoncellista proprio pagata da mio zio che diedi l’addio alla adolescenza e alla castità, così dietro una quercia.
La coppia di giovani pareva bene assortita. Lei era rossa di capelli e ricordava certe figure dell’iconografia neoclassica inglese o forse anche una peripatetica che sedeva spesso in un tugurio di Cork, nel sud dell’Irlanda, la Regina salvi quella gente per carità, e che osservavo di spalle senza avere il coraggio di proporle la redenzione o anche solo di discutere del tempo o sul prezzo.
La rossa aveva una voce squillante e chiara, pareva si ascoltasse e si compiacesse per il suo linguaggio forbito, sembrava a volte francese nel dimenare le mani, la Regina salvi quel popolo di mangiarane per carità. Il suo spirito ribelle emergeva come il mostro di Lockness che mi pregio aver visto dopo aver bevuto un litro di scotch con il mio amico Michael Loglybub, quando emetteva sonori rutti dopo ogni sorso di birra. Si giustificava dichiarando una non chiara malfunzione pancreatica.
Lui, giallo di capello, pareva uscito da una sinfonia del giovane Wagner che andava affermandosi più a est in quella terra di lanzichenecchi, la Regina li salvi solo se prima ha finito di salvare tutti gli altri. Per carità. Comunque pareva un giovane ufficiale prussiano. Prussia o come diavolo si chiamasse allora quella terra. Di pronuncia affettata il giovane biondo tirava a lungo le vocali per poi smozzicarle con un gesto rapido della mano che poi portava tra i capelli scompigliandoli come solo il vento delle scogliere di Dover avrebbe potuto fare. Soleva citare alcuni autori a me sconosciuti, tale Zizekiovic e non so chi altro.
Li osservavo digerendo le mie pene. Erano per me come il grog che zia Dyana mi propinava in dosi da cavallo. Anch’io peraltro facevo parte di quel quadretto. Avevo accompagnato quella coppia con la mia carrozza proprio per godere della loro compagnia. Mi sentivo un vecchio esteta.

(Piero Valleise)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

oooooh..

Anonimo ha detto...

Conosco l'autore e debbo dire che la traduzione è abbastanza buona.
giovanni Branchino