mercoledì

Il lamento del bradipo-Sam Savage (Einaudi 2009)

a cura di Alessandro Pascale

Essere professori di filosofia, poi meccanici e pescatori. Poi di colpo reinventarsi scrittori, portando a compimento un percorso di riscoperta interiore (dalle professioni mauali a quelle riflessive individuali) che ha portato al bestseller Firmino, un caso mondiale che nel 2006 arrivò a vendere perfino in Italia con le sue 400 mila copie.

Il lamento del bradipo è un degno seguito, un rinascimento spettacolare del romanzo espistolare, un genere in auge sul finire del 18° secolo, e ciònonostante lungi dall’essere anacronistico viene riportato a risultati sorprendenti con la decisione di puntare tutto su un registro umoristico-sardonico il cui protagonista è Andrew Whittaker, caporedattore (nonché redattore unico) della famosa (insomma) rivista letteraria locale Bolle. Scrittore a tempo perso, Whittaker deve districarsi tra difficoltà finanziarie continue a causa di una rivista mangiasoldi e della mancanza di un lavoro fisso retribuito. La sua unica fonte di reddito è la rendita derivante ogni mese da una serie di appartamenti in affitto ad inquilini apparentemente ingrati e incontentabili. Il degrado di questi ultimi seguirà la crescente instabilità psico-fisica di un personaggio intrigante e a tratti geniale, completamente incapace però di mantenere una qualsiasi relazione normale con altri individui, scelta dalla quale non è esente un egocentrismo leggermente elitario e saccente.

Una situazione complessiva favorita dalla crisi del rapporto coniugale (ormai defunto) e da una famiglia che lo ha sempre apertamente disprezzato, relegandolo a fratello e figlio di serie B.

Whittaker viene qui immortalato negli ultimi mesi di un declino iniziato in realtà da molto tempo prima. Un declino che lo vede strapazzare giovani scrittori dal talento dubbio, provarci spudoratamente con giovani poetesse che inviano foto avvenenti, lanciare mordaci invettive sotto false identità contro le riviste letterarie avversarie, e soprattutto lamentare la propria stessa condizione di vita, sempre più simile a quella di un bradipo.

E’ il lamento del bradipo per l’appunto, ossia una continua ricerca di una commiserazione altrui, con l’elenco dettagliato delle proprie piccole grandi disgrazie, ricordate con una solerzia che provoca nel lettore nient’altro che pateticità e disprezzo.

Il vero colpo di genio del romanzo non è però la creazione di un personaggio così ben definito nella sua geniale mediocrità, bensì l’idea di raccontarlo unicamente attraverso ogni lettera che si trova a scrivere nell’arco di quattro mesi, dal torrido luglio estivo all’ottobre che apre il momento del prossimo letargo invernale. Soltanto le lettere scritte da Andrew, sia chiaro, non le risposte che egli riceve, i cui contenuti emergono dalle stesse risposte che Whittaker si trova a scrivere. Trovarsi in successione le lettere in cui si ripetono sempre gli stessi episodi, descritti con crescente instabilità mentale determina un effetto per tre quarti tragico-comico e per un terzo grottesco, stampando sul lettore un sorrisetto compiaciuto per la tenacia con cui nonostante tutto il bradipo Andy sembra affrontare le difficoltà, cercando di risolverle con la forza della propria lucida narrativa epistolare. Un personaggio a modo suo romantico ed eroico, questo Andrew Whittaker: una voce alternativa che pur gravato da evidenti problemi psicologici e finanziari non rinuncia a far sentire la sua critica con ogni mezzo a sua disposizione. Il suo fallimento simboleggia l’incapacità dell’uomo contemporaneo medio di imporre la propria individualità in un sistema che ammette solo libertà di pensiero conformi ad un determinato ordine. Chi è troppo diverso non ha possibilità di scampo. E le piccole isole letterarie in stile Solaria restano un’utopia destinata al macero. Non è un caso che il protagonista tornerà nel finale a vivere soltanto dopo aver mandato al macero tutti i suoi scritti di una vita, lasciandosi alle spalle ogni velleità artistica e accettando con ciò di conformarsi al sistema. Sarà la liberazione da un peso enorme, il tuffo in un comodo oceano di mediocrità senza pretese. La tragica constatazione che questo non è un mondo per artisti e letterati.

Il lamento del bradipo è un libro eccezionale. E Sam Savage si conferma un mostro della letteratura conemporanea.

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