La Grande Baldoria-Seth Freedman (2009, ISBN)
a cura di Alessandro Pascale
La Grande Baldoria è un incredibile affresco del capitalismo finanziario qui incarnato dal Miglio Quadrato (una dei nomignoli più ricorrenti assieme a quello di "City" per evocare l'epicentro borsistico di Londra), specchio di una società e di una mentalità che con la globalizzazione sembrano ormai invasivi a livello mondiale.
Attraverso una prosa sciolta, fresca e giovane Freedman rievoca i suoi trascorsi da broker e raccoglie un'enorme quantità di materiale documentario catturando accattivanti interviste ai protagonisti della City.
Introducendoci ai termini tecnici (broker, dealer, headge fund, DCO, Subprime, ecc.) in maniera vivace e colorita Freedman cattura una serie di istantanee per larghi tratti impietose, dipingendo una classe dirigente completamente fuori dalla realtà nonchè priva della benchè minima moralità. Nient'altro che un ammasso di esseri poco meno che automatici il cui unico fine è far soldi per fare altri soldi, con modalità che lo stesso autore accomuna in maniera pericolosa al gioco d'azzardo e ad una mentalità al limite della schizofrenia collettiva.
la cosa sorprendente è che Freedman ottiene tutto ciò con un linguaggio semplice e diretto, sempre alla portata di un lettore tendenzialmente ignorante e avulso da nozioni economiche e finanziarie.
Altro dato interessante è il carattere essenzialmente descrittivo della narrazione, quasi a sfondo documentario., lasciando al lettore il compito di formulare un giudizio complessivo sulle varie vicende. L'autore si astiene infatti dal condannare il comportamento dei suoi ex colleghi, anzi tende a difenderli, come una categoria che lungi dall'essere un'accozzaglia di banditi e truffatori appare nient'altro che un riflesso estremo di una società e del suo sistema di valori. Sono questi, ed altri attori ipocriti (duri gli attacchi verso Gordon Brown e la mentalità progressista laburista e democratica) ad essere i veri protagonisti di fondo della crisi finanziaria del 2008. Una crisi che affonda quindi le sue radici nei presupposti di un sistema malato all'origine, non nelle sue propaggini più macabramente estetiche (il settore finanziario).
Quasi in maniera inconsapevole Seth Freedman traccia di fatto un atto d'accusa enorme verso il capitalismo e il liberismo sfrenato, intesi soprattutto come sistemi incapaci di garantire un'adeguato livello di vita psicofisica all'individuo medio, facendolo invece entrare in una spirale in cui ciò che conta viene ad essere esclusivamente il profitto.
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